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Se non vi sono cose oggettive che senso ha la verifica della verità di quanto si dice a ciò che è?
E' ormai da tempo che la pretesa di una conoscenza puramente oggettiva ha mostrato tutta la sua ingenuità, salvo ai nostalgici dei mondi in sé definibili. Affermare questo è oggettivo è infatti già un emergere soggettivo.
Come è noto la posizione scientifica vuole superare l'ostacolo dell'impossibilità oggettiva ponendola a traguardo (mai completamente raggiungibile, ma via via sempre più approssimabile) di un sistema metodologicamente impostato di verifiche fenomeniche. Il problema che però resta irrisolto è qual è il termine di confronto per la verifica? Non può essere il puro fenomeno empirico (la scienza stessa lo nega) né la realtà in se stessa che sappiamo essere inconoscibile. Dunque la verifica scientifica non è una verifica di corrispondenza al reale, ma piuttosto una verifica rispetto agli assiomi di un metodo, ossia una verifica di coerenza sintattica agli assiomi assunti dal linguaggio scientifico che devono venire creduti come puramente oggettivi e dunque esenti da verifica, ossia creduti in modo contraddittorio a quanto si asserisce.
Trovate condivisibile questa posizione?
7 Antworten
- EL -Lv 6vor 7 JahrenBeste Antwort
Sì, più che condivisibile. Ma c'è un altro problemino, che non è tanto “problemino”. E' vero che “la posizione scientifica vuole superare l'ostacolo dell'impossibilità oggettiva” attraverso le verifiche fenomeniche. Ma è anche vero che la posizione scientifica, al di là delle stesse illusorie intenzioni degli stessi operatori scientifici, ha un'efficacia pragmatica a dir poco sorprendente. E' un fatto apparentemente paradossale, ma quando Galileo pensava che la matematica fosse il linguaggio “vero, oggettivo”, nel quale fosse scritto il gran libro del mondo, e anche quando Newton pensava che l'universo funzionasse come un “vero, perfetto” orologio, la Scienza non aveva ancora raggiunto la sua micidiale efficacia di cui è diventata capace PROPRIO QUANDO ha abbandonato il sogno di rappresentare la descrizione di “com'è fatto veramente il mondo”. Le spiegazioni scientifiche se ne fregano della “verità”, e . . “funzionano”.
Nella precedente risposta dicevo che anche il sacrificio della figlia di Agamennone era “una tecnica” al sevizio dell'azione (e aveva bisogno di una sua Metafisica, affinché si scegliesse quella determinata “liturgia del fare” piuttosto che un'altra). Ora, benché (parzialmente, non da tutti) superata la coincidenza dei teoremi e modelli scientifici con la verità del mondo, resta il fatto che la tecnica scientifica s'è dimostrata, di fatto, una “liturgia”, una prassi eccezionalmente efficace. Alla tecnica POCO INTERESSA la propria verità e l'autoreferenzialità del metodo. Fatto sta che se si vuole mandare l'astronauta Parmitano a fare una passeggiata nello spazio, e farlo tornare sano e salvo, sembra decisamente meglio una certa tecnica piuttosto che un'altra.
E la mitologia, e la metafisica, che stanno dietro quest'efficacia, non sono “smontabili” con la stessa facilità delle mitologie più antiche; proprio perché, di fatto funzionando, soddisfano le richieste della vita fenomenica. Che resta il punto d'appoggio della soggettività personale. E alla fine è questo il senso d'una "verità" che appaga le esigenze dell'uomo pragmatico, che, alla fin fine, resta pur sempre un animale con le sue “animalesche” e biologiche esigenze.
- ?Lv 5vor 7 Jahren
Completamente d'accordo con Rio, brevemente: Non può esserci oggettività conosciuta al di fuori della percezione, non può esserci realtà senza percezione, perciò l'oggettività è percepibile in assenza di percezione. Il che è un paradosso, ergo l'oggettività è solo un delirio del linguaggio.
- ?Lv 4vor 7 Jahren
Certo, per l'appunto mi sono imbattuto oggi in Godel e nel suo articolo in cui parla dei Principia Mathematica , dove si chiese se si potesse provare l'esistenza stessa di questi, concludendo non si potesse far di più che ipotizzarla(crederla). Estendendo si chiedeva se si potesse affermare in maniera incontrovertibile che il mondo esiste.(e che abbia i connotati che gli attribuiamo).
Godel dimostrò che "E' indimostrabile in P la coerenza di P." Per P intendeva Principia Mathematica, cioè "uno dei modelli più rigorosi di assiomatizzazione del sapere scientifico". Ma credo si potrebbe sostituire con la U di Universo.
Mi verrebbe da dire che il mondo non si lascia piegare e costringere in una formula, forse perché questa formula e chi vuole farla sta all'interno del mondo, ne fa parte. Non possiamo guardare il mondo dall'esterno ma da dentro, e facciamo parte della stessa verità che vorremmo far procedere dalle nostre formule ma che invece ci precede(in tutti i sensi). Ma la Verità non è da noi prodotta, anzi ne siamo noi il prodotto. Ciò che ci risulta contraddittorio e che fa diventare i nostri assiomi soltanto decisioni, teorie, è forse il carattere ineffabile ed eterno della realtà , non addomesticabile o traducibile in un sistema logico finito.
Quelle(n): Vedi anche paradosso del bibliotecario. - DrEvolLv 7vor 7 Jahren
Salve etcetera -- Essere oggettivi significa prendere in considerazione tutto ciò che conosciamo, tutti i fattori essenziali per descrivere un fatto della realtà . Non è necessario essere onniscienti per distinguere un pezzo di pane da un sasso. E, se non avessimo la capacità di essere oggettivi, questa distinzione non sarebbe possibile. Perdere completamente l'oggettività significa perdere completamente il raziocinio e finire in camicia di forza in un istituto. Essere oggettivi o obiettivi non è facile, ma non è impossibile. Un passante che venisse accusato ingiustamente di un omicidio, per esempio, si salva dalla galera grazie a un sistema legale che considera l'esistenza dell'oggettività reale e necessaria. Nessun tipo di giustizia potrebbe essere fatto senza oggettività . L'accusato di un delitto che non ha commesso, perché quando il fatto avvenuto a Napoli lui era a Roma, è un esempio che dimostra l'importanza dell'esistenza di "cose oggettive" utili per produrre schaccianti prove della sua innocenza.
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- acidarioLv 7vor 7 Jahren
perché mai dovrebbe esserci un oggettivo 'reale' con cui verificare pseudo-scientificamente una verità di per sé rapportabile con la soggettività individuale soltanto?
lasciamo da parte la scienza in senso stretto, già da parecchio messa in crisi a favore di un discorso più probabilistico, che nulla a che fare con impostazioni di una scienza ormai anacronistica.
soggettività ed oggettività , non sono io ad affermarlo, non sono in contrasto, ma complementari: costituiscono le due facce di una stessa medaglia.
questo è l'ambito nel quale ci muoviamo, del quale facciamo parte e che creiamo, contemporaneamente.
questo è il mio modo di conciderare ciò che mi circonda e il mio personale 'aggirarmi' in esso.
- ?Lv 6vor 7 Jahren
O beh ! Si fa quel che si può col cervellino che ci hanno dato! Si è visto che il metodo scientifico è uno dei modi che funzionano "abbastanza" bene ... e quello si usa, senza farsi troppi problemi! La realtà è la realtà mentre la rappresentazione scientifica serve per modificare la realtà a nostro vantaggio: la natura ha agito in maniera differente dalla razionalità umana difatti non inquina con le fabbriche e tutto il resto.
Quando ottengo dei dati da un macchinario devo anche saperli leggere e ovviamente non posso farlo senza una conoscenza teorica di tutto ciò che sta dietro ai fenomeni che creano quel segnale sul foglio di carta (che indica i risultati).
La tua posizione è intrigata nella spiegazione ma abbastanza condivisibile
- GarbinoLv 7vor 7 Jahren
Ciao Etcetera. Il grosso problema è che come nella prova del nove che dimostra solo l' esattezza del calcolo ma non il fenomeno della moltiplicazione, la stessa cosa avviene nelle verifiche più complesse. Un metodo può solo verificare l' esattezza dei calcoli non la verità interpretativa della realtà . Solo dei ciechi avevano bisogno di Godel per mettere in dubbio certe conclusioni matematiche. Ma alcuni lo sono in modo veramente sconcertante. Credere è sempre una forma di religione. Garbino.