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Quali sono le conseguenze del credere nelle proprie opinioni come se fossero fatti?
Quando diciamo “io credo” non affermiamo mai un fatto. Affermiamo sempre un’opinione. E’ importante essere sempre consci della differenza tra un credo ed un fatto, perché confondere uno con l’altra comporta conseguenze nocive per le nostre decisioni di vita. Siete d’accordo? A quali conseguenze si va incontro quando in noi esiste questa confusione mentale e non ne siamo consci?
<<<< thraling <<< "Credo che G. non mi ami più" è un'opinione che presumo sia vera. Non è un fatto finché non ne ho prove..E' la stessa presunzione che ci fa dire frasi come queste: "Se un neonato muore, significa che Dio aveva bisogno di un altro angioletto."
"G. mi ha detto che non mi ama più" è un fatto, una convalida alla domanda: "Mi ami ancora?" e con l'onestà intellettuale della risposta: "No, mi dispiace. Non ti amo più."
<<<< thraling ---- "Vedo conseguenze molto più nocive nel credersi capaci di ... parlare in nome di "fatti" ?? Esempio? --- Non parlo di "controllo" sugli altri per mezzo né dei fatti né delle opinioni, che è possibile in entrambi i casi, dato che di creduloni ce ne sono tanti al mondo. Si comincia da bambini a credere nelle fiabe e poi a furia di credere finiamo col prenderle sul serio. Chiedo solo se siamo consci di quando vogliamo far passare un'opinione per un fatto e quali sono le conseguenze di questa disonestà intellettuale. Perché abbiamo tanta difficoltà a correggere questo errore? Cosa c'è nella disonestà intellettuale da guadagnarci? La disonestà può darci veramente buoni frutti, alla fine?
<<<<< Thraling & Maral ---- Una cosa è o non è un fatto. L’amore esiste è un fatto. L’amore è solo istinto di conservazione è un’opinione. La prima proposizione non dice che cos’ è l’amore, che presume conoscenza tutta da discutere. Dice che esiste o non esiste. Siccome l’amore esiste, è un fatto assiomatico derivante dall’evidenza dei sensi. E’ come dire l’essere umano esiste. L’essere umano possiede emozioni o è capace di emozioni. Oppure l’uomo è un essere mortale. Un fatto non ha alternative. La seconda proposizione, invece, è discutibile. E’ solo un aspetto, un attributo, una conoscenza limitata delle proprietà di un fatto. Un fatto non serve a descrivere la realtà, secondo me, ma serve a identificarla concettivamente con simboli liguistici che distinguono un’entità, un’azione o un evento da tutti gli altri dell’universo. Ho visto un fulmine (fatto). Questo è un bicchiere (fatto). Questo è un cane (fatto). Il fulmine indica che Dio è in collera (opi
Il fulmine indica che Dio è in collera (opinione). E’ meglio usare un bicchiere che una tazza per bere l’acqua è una descrizione opinabile. I cani sono più intelligenti dei gatti è tutto da discutere. In queste descrizioni entra fare il suo ruolo la conoscenza della realtà – quanto sappiamo sulle proprietà dei bicchieri e delle tazze o quanto sappiamo sui cani e sui gatti. Maral, che è un conoscitore di Severino, mi vuole far capire che la scienza o conoscenza umana è solo un modo, tra altri, di descrivere i fatti della realtà e quindi anche la scienza è un’opinione. Io dico che non abbiamo bisogno di sapere tutto sull’universo per esprimere opinioni, anche teorie “scientifiche” che riteniamo siano fatti, anche se non lo sono, perché mancano di indizi sufficienti. Sappiamo che in natura non ci sono fatti falsi, ma che l’essere umano può farsi delle opinioni sui fatti. Se mi dite che non ci saranno mai indizi sufficienti per provare niente di vero nella conoscenza umana, mi dite all
mi dite allora che il vero è solo una convenzione sociale e che un fulmine può benissimo essere causato dall’ira divina, che quello che vedo, pioggia o sole, può sempre essere frutto di un’allucinazione e che quindi tra l’allucinante o lo scientifico c’è solo di mezzo il desiderio dell’uomo d’impossessarsi del potere sugli altri e farne una cultura. Ti ringrazio Thraling del tuo suggerimento, che mi è già stato dato da Maral. La prossima volta che vengo in Italia acquisterò i libri di Severino. Nel frattempo, m’informo se ci sono in inglese. Grazie.
5 Antworten
- vor 8 JahrenBeste Antwort
Le conseguenze sono nefaste, dissidi, diatribe, separazioni, odii, conflitti e altri tentativi d'imposizione, torture, uccisioni.
In questa pagina non c'è peggio che qualche dissidio -- è un fatto, no? --;
poiché il tema è astratto e un po' autoreferente e i partecipanti alla trattazione non si vedono e non si possono toccare, e hanno un tot di cultura quindi cognizione che il mondo è immenso e complicato ed esistono vari punti di vista.
Come si arriva alle conseguenze dette? Presumendo che il proprio linguaggio sia giusto E CHE SIA L'UNICO GIUSTO. Quindi che le parole debbano significare una sola cosa. E che le cose significate per me (un soggetto qualunque) siano fatti.
Esempio: qui fuori piove, non ci sono santi, c! piove, lo puoi constatare! sant'iddio non vedi che piove? Non è solo umido, non vedi le gocce sulle pozzanghere perché non ci sono pozzanghere e perché le gocce sono fini fini, ma piove!! ma lo senti il bagnato o no?! Ah neanche tu? e tutti voi?! Allora mi volete fare impazzire! La verità però non è democratica, è come è, foste pure in centomila a negarlo, piove! Siete d'accordo che la realtà non è questione di democrazia? Eh?
Era solo un esempio, oggi c'è il sole (dall'altra parte della Terra), non piove, almeno qui al chiuso dove sto io,
e la realtà è un FATTO di coscienze. Graziaddio non solo di coscienze umane altrimenti sarebbe un incubo più disordinato e trasformistico di quello che è.
► E' un miracolo il FATTO che ci troviamo d'accordo sul grado di realtà di molte cose. Per esempio: che c'è il sole, persino di notte quando non c'è.
E le verità aritmetiche e di logica astratta sono fatti od opinioni? o entrambe le cose?
Se son rose fioriranno.
Quelle(n): http://www.icyte.com/saved/it.answers.yahoo.com/66... , e commenti, by Locuzione - etceteraLv 7vor 8 Jahren
La differenza tra opinioni e fatti è nel giudizio di verità che ad essi compete che nel caso dei fatti, nel contesto comprendente l'osservatore in cui il fatto si verifica, si esprime con un vero o (disgiunzione) falso, dunque numerabile in modo binario discreto, nel caso di un' opinione si esprime invece con una modulazione di probabilità mai esente dal dubbio. In tal senso il fatto, come dice Thraling, assume sul reale una posizione di potenza molto più forte di un'opinione. Questa distinzione non incide comunque sul valore di verità in sé del fatto o dell'opinione, perché anche un fatto potrà essere domani sempre contraddetto da nuovi fatti che emergono dal mutare dei contesti osservativi, dunque apparire anche come un'opinione sbagliata.
Per esemplificare, se apro la finestra e dico "qui piove" esprimo un fatto, nel senso che la verità del "qui piove" è innegabile e lo sarebbe a chiunque venisse a trovarsi come me nello stesso contesto osservativo che comprende la capacità di interpretazione del dato e i significati che esso esprime, tutti celati dall'immediato apparire fenomenologico dell' evento pioggia.
Qualcun altro però potrebbe obiettarmi che qui non piove, che la mia affermazione così certa è frutto di un'allucinazione che altera la mia percezione, ma anche in questo caso il fatto mantiene la sua caratteristica: o è vero o è falso, senza alternativa ed effettivamente non è detto che un domani, in un contesto diverso, non appaia a me stesso evidente l' irrealtà del fatto "qui piove", frutto ad esempio di una mia momentanea allucinazione sensoriale che ora mi apparirà come un fatto a me sconosciuto al momento della mia prima espressione di giudizio.
Concludendo, assumendo quelle che consapevolmente si sanno opinioni per fatti si esprime la volontà di affermazione di una posizione di potenza assoluta sul reale, posizione di potenza che però, se non è sorretta da un'adeguata tecnica retorica e da una grande fede che nega la propria malafede, rischia di far apparire mistificatore inaffidabile chi la assume. Se queste opinioni ci appaiono invece realmente fatti in contrasto con il contesto culturale di riferimento, soprattutto se come oggi il contesto culturale ammissibile è molto rigido, allora la conseguenza è l'emarginazione .sociale.
Si noti per inciso che il pensiero scientifico, in funzione della dipendenza dell' emergere dei fatti da contesti di lettura interpretativa, con grande abilità ha prefissato un unico contesto di lettura realistico: quello appunto scientificamente definito. Peccato che la legittimità di tale operazione resti comunque un'opinione a cui l'attribuzione di una certezza fattuale non può che essere una mistificazione finalizzata alla volontà di potenza.
Certo, dr.Evol, le opinioni sono distinguibili dai fatti e la differenza come ho detto la vedo nel giudizio di verità che si dà loro (potremmo dire digitale per i fatti e analogica per le opinioni).
Il giudizio di esistenza riguarda sempre un fatto? Sembrerebbe di sì, ma è un'opinione. Che qualcosa esista sembra proprio certo senza alternative, eppure quando andiamo a dire cos'è questo qualcosa (tutti i qualcosa di questo mondo che ci frullano in testa e nel cuore) il dubbio si fa strada. Il problema è la de-finizione, perché la definizione ha bisogno di un contesto che la limiti facendola emergere per come appare.
Voglio dire che il fatto non può trascurare il contesto che lo fa emergere per tale, lo deve onestamente comprendere per potersi lecitamente dichiarare fatto. Lo stesso principio di identità ha come contesto la logica (dunque il linguaggio) e in tale contesto è un fatto positivo certo che non ammette alternative. Se così non fosse non potremmo dire alcunché, potremmo solo parlare a vanvera o per convenienza... ma niente toglie che, anche se l'idea ci disgusta (come disgusta a Severino), non sia proprio questo quello che facciamo, proprio come dicevano Gorgia e Protagora, maestri di retorica, ossia di quella techne enormemente sviluppatasi ai giorni nostri, che fa sì che qualsiasi opinione possa apparire un fatto affinché come tale convinca: Il fatto come pura figura retorica.
- thralingLv 6vor 8 Jahren
In realtà dicendo "io credo" potremmo anche affermare un fatto. "Credo che Giorgio non mi ami più" e poi -toh- era vero.
Perché mai "fatti" e "opinioni" dovrebbero essere categorie antinomiche, quando è esperienza comune, e fruttifera, esattamente il contrario?
Vedo conseguenze molto più nocive nel credersi capaci di controllare la realtà tramite mezzi assoluti, di parlare in nome di "fatti" che valgono per "pareri incontrovertibili". Un'illusione di potenza nella forma dell'onniscienza.
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Credo che abbiamo impostato il problema su binari differenti. Quello che dico, in sostanza, può anche partire dalla tua aggiunta, secondo la quale un fatto sarebbe un'opinione con delle prove. Si capisce a questo punto che la definizione di "prova" (o la sua distinzione da un semplice "indizio") è poi tutta da giocarsi.
In realtà si potrebbe spingersi ancora più in là , dicendo, senza contraddirti, che un "fatto" è solo un tipo particolare di "opinione", un evento nel rapporto tra essenza e conoscenza (e correlati problemi "si può conoscere tutto ciò che esiste?"). La cosa ha un suo senso, soprattutto pensando all'enorme quantità di concetti astratti e/o simbolici da cui è composto il nostro mondo (senza neanche spingersi troppo in là negli idealismi), e nei quali perde di senso la distinzione tra "fatto" e "opinione".
Date queste premesse, i rischi sono i seguenti: 1) che questi "fatti" rimangano ampiamente ignoti e vengano invece soppiantati da "opinioni" che hanno avuto "prove" accettate dalla cultura dominante (ma non per questo fondate). 2) dal momento che un "fatto" serve principalmente a descrivere la realtà , ha generalmente più potere (appunto per la capacità di controllo del reale) di un'altra "opinione", e il potere tende a preservarsi. Nel caso delle idee, agendo a danno di ciò che non controlla.
Un esempio per entrambi i casi: "L'amore non esiste, è solo l'istinto alla conservazione della specie". Una frase che oggi verrebbe accettata anche in mancanza di prove, in virtù di filoni culturali (sostanzialmente) ottocenteschi ancora non sopiti (1). Ma è anche una frase che, negando l'esistenza di un ente sostanzialmente metafisico tramite concetti controllabili, ben si concilia con la volontà di potenza di cui al (2).
Ti consiglio di leggere "La stuttura originaria" o "Techne" di Severino, nella certezza che li troverai interessanti.
- ?Lv 4vor 8 Jahren
Spesso le cose che consideriamo fatti potrebbero essere cristallizzazioni di pensieri di molti, e il pensiero sovrapposto e creduto da molti diventa di per se un fatto.
Una nuova opinione potrebbe essere una idea diversa, uno sguardo da diversa prospettiva di un fatto, e con l' approfondimento e l' affermazione della stessa opinione, col tempo potrebbe scalfire il fatto.
Ma dovremmo essere in accordo che un fatto è reale nel momento che è creduto tale e fino a che ragionevoli dubbi non lo vengano a modificare nel tempo.
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- RossLv 5vor 8 Jahren
Ma non é forse un fatto l'esser convinti, come nel tuo caso, che esistano dei fatti distinguibili dalle opinioni?
La conseguenza più immediata é la staticità e la nascita di problemi irrisolvibili. Non esistono delle cose in sé, ma sempre dei significati che la mente di ognuno é in grado di attribuirgli. Una volta che si é assunta l'esistenza di determinati fatti, gli si è automaticamente attribuito un significato univoco e questo non rappresenterà altro che i confini e la prospettiva di un determinato mondo. I problemi che vi nascono possono essere in alcuni casi irrisolvibili, se non rimettendo in discussione il significato che si era attribuito a determinati eventi. Problem solving puro.
Credo siano molto istruttive, a questo proposito, delle letture riguardanti la psicoterapia breve che operava Erickson. Guarigioni rapide e spontanee basate sulla capacità della mente di ridefinire il significato di qualsiasi evento, per quanto esso possa apparire univoco.