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Errata corrige: Cosa lega il nome proprio al campo di significati che esprime e viceversa?
Nel celebre paradosso di Berry si chiede quale sia il nome del minore numero naturale nominabile con non meno di trentatré sillabe? La risposta è impossibile poiché il minore numero naturale nominabile con non meno di trentatré sillabe è nominato con 27 sillabe. Forse che "il minore numero naturale nominabile con non meno di trentatré sillabe" non è il nome del minore numero naturale nominabile con non meno di trentatré sillabe pur dandone una descrizione esatta e completa? O forse che, come dice Tarski, è un linguaggio di ordine diverso che si deve usare per parlare di un linguaggio. E perché mai se di fatto usiamo lo stesso linguaggio e il meta linguaggio coincide di fatto con il linguaggio senza contare che a volere questi meta linguaggi di... meta linguaggi del linguaggio che nomina le cose avremmo bisogno di un numero infinito di linguaggi?
Scusate, ho dovuto correggere la precedente domanda perché conteneva un errore nell'espressione del paradosso, mancava un "non". Mi scuso soprattutto con chi aveva già risposto.
Però Garbino il paradosso esposto si riferisce solo al nome, per cui il paradosso resta a meno che non si vieti, come dice Leviatano, di porre come nome del numero l'espressione che lo denota (non si può cioè chiamare il minore numero naturale nominabile con non meno di trentatré sillabe così, ma solo indicando la cifra in lettere) . Questa mi sembra però ancora una soluzione costruita ad hoc per evitare il paradosso, non un'esigenza derivante dal nominare le cose. Per questo chiedevo qual è il senso proprio del nominare le cose, ossia cosa lega il nome al significato che nomina. Non penso infatti che possa essere preso qualsiasi nome per nominare qualsiasi cosa.
2 Antworten
- LeviatanoLv 4vor 7 JahrenBeste Antwort
Secondo me il problema è la confusione tra la rappresentazione formale di un numero e la semantica del riferimento ad esso.
Poniamo che ogni numero sia rappresentato attraverso una certa quantità di sillabe in un dato linguaggio.
L' attribuzione di un nome (rappresentazione formale) ad ogni numero è arbitraria e la semantica è il valore del numero (posso anche chiamare uno "il numero naturale più grande immaginabile" senza generare paradossi, perché nella semantica del linguaggio che sto considerando alla stringa "il numero naturale più grande immaginabile" è associato il significato di uno).
Ora, nel linguaggio in esame ci saranno numeri naturali rappresentati con trentatrè sillabe e ciascuna rappresentazione avrà come semantica il valore del numero.
"il minore numero naturale nominabile con non meno di trentatré sillabe" non è un nome associato ad un valore numerico ma la descrizione semantica di una rappresentazione di un valore numerico, quindi non è confrontabile con altre rappresentazioni numeriche, e come riferimento al numero (che ha già un nome) è solo ridondante.
Di fatto non ho che presentato un metalinguaggio, ma porlo in questi termini penso risolva il problema dell' infinità di metalinguaggi che sorge dalla tua domanda: interpretare un linguaggio in virtù di una semantica esterna ad esso è un' operazione non necessaria (se io mi riferissi al numero con il suo nome e non con la frase del metalinguaggio il paradosso non nascerebbe affatto);
oppure potrei pensare che è la parte formale di un linguaggio a necessitare di metalinguaggi per cui potrei assumere che la parte formale di un metalinguaggio sia trascurabile (o magari ricorsiva, nel senso che uso i formalismi che dovrei interpretare come parte formale del metalinguaggio) e vedere il metalinguaggio come una pura struttura interpretativa.
- GarbinoLv 7vor 7 Jahren
Ciao etcetera, OK perfetto. Adesso ci siamo il tutto ha una sua logica. Confermo mia ignoranza sull' argomento. Naturalmente ho da informarmi. A più tardi. Garbino.
@Eccomi qui, mi sono documentato e purtroppo devo constatare che c' è qualcuno, e ringrazio il Leviatano, che ha definito l' errore di fondo del paradosso di Berry. Di origine semantica ( una parola che ho sempre odiato e a me molto ostile) dunque. E mi è parso subito ovvio che le cose stessero così dal momento che nel primo caso si ci riferiva al nome di un numero per esteso, mentre nel secondo alla definizione stessa del numero. E perciò ad un numero X incognito. Ma questo paradosso coglie in pieno ciò che è possibile fare con un linguaggio. Lo storpiamento, le incomprensioni, le mistificazioni che spesso viaggiano in un linguaggio sono appunto da attribuire ad un subdolo uso di esso o di qualsiasi altro metalinguaggio che spesso può sfuggire alla persona non provvista di cultura o di una logica sufficiente a fargli capire se una argomentazione o una impostazione logica sia corretta o meno. E purtroppo c' è fin troppa gente che vive sulla ignoranza altrui. Garbino.
@Ho capito. Però in questo argomento mi sento come un pesce fuor d' acqua. E il pericolo di gaf pazzesche è alto. Comunque per quanto riguarda il paradosso io sono convinto che l' impostazione è erronea. E questo non perché si decida o meno che la definizione di un qualcosa non possa sostituire il qualcosa per esteso come per il numero in questione. Ma perché per principio, almeno a mio avviso e spero di non fare confusione, il nome di una cosa è il suo nome e non una definizione che lo identifichi. Mentre è molto profondo il dubbio sul senso del nominare le cose e se cioè ci sia un legame tra il nome e il significato che nomina. A questo riguardo, ricordo che ho già menzionato tempo fa un dialogo di Platone che trattava proprio del legame tra i suoni per nominare le cose e le cose stesse. Ricordo ad esempio che la doppia erre era presente ( naturalmente si parlava del greco) in quasi tutti i verbi di movimento. Cosa che è ancora presente anche in italiano ad esempio nei verbi correre, arrivare, sbarrare. Questo a sottintendere che la scrittura si era attenuta il più fedelmente possibile ai suoni emessi per nominare una cosa. Poi è abbastanza plausibile che il linguaggio a lungo andare si sia modificato sia per un sempre più complesso e numeroso numero di vocaboli, sia per una sempre maggiore e complessa capacità di pensiero e di creare ragionamenti da parte dell' uomo. Non so se sono rimasto in tema o no, ma su questo sono sicuro che tu sarai un ottimo arbitro. Sperando comunque di essere stato di aiuto. Garbino.